venerdì 2 dicembre 2011

Da' 'l cazzo a le vecchie

"Dare il cazzo alle vecchie", non c'è neanche bisogno di spiegarlo, significa fare qualcosa di inutile, assurdo e insensato, che non conduce a null'altro che a una improficua perdita di tempo e d'energia. In una società agricola e scandita da ritmi e da riti naturali, com'è stata fino a pochi decenni fa quella marchigiana (e a quest'epoca pre-industriale si riferiscono d'altronde i detti riportati in questa sede), nulla appariva più evidentemente vano e futile che sfidare le leggi del tempo e delle stagioni. In questo senso, volendo rendere l'idea di un atto destinato fin da subito a rivelarsi privo di effetti, nulla pareva più adatto e immediato del paragone con una copula con donne anziane - copula, perciò, necessariamente sterile.
L'espressione, proferita in tono rassegnato di fronte alla testardaggine altrui o più spesso esclamata forte, lasciando trasparire tutto il proprio sarcasmo, si oppone perciò alle intenzioni e ai progetti percepiti come improbabili, inani, inefficaci. "Vara che grasciaro hai fatto lì per terra, que madonna cj he 'rbaltado? Adè co que ce pulimo?", dirà ad esempio un ragazzino all'altro, su un campetto in piena estate, notando che l'altro ha fatto cadere sul poroso sintetico una qualche bevanda zuccherosa. "Te 'n te pruccupa', ce sfrego cu l'acqua". "Ma que acqua... è come da' 'l cazzo a le vecchie". In circostanze simili, un ragazzo della comitiva proromperà inevitabilmente nella stessa conclusione quando gli altri proveranno, utilizzando certi sassettini piccoli e leggeri, a far cadere un pallone imprigionato tra le fronde foltissime di un qualche albero secolare: "Eh, ma chi è come da' el cazzo a le vecchie: o artroamo qualco' che je fa oppure sarà mejo gi' al negozio a compra' n'antro palló...". D'altra parte, al di là di questi esempi piuttosto di basso profilo, si ha un utilizzo anche elevato del modo di dire, perfettamente flessibile e adattabile a ogni contesto. Ad esempio, un analista economico potrà dire al proprio vicino di scrivania: "He 'nteso? L'inflazió è gida giù de n'antro 0,2%, sto mese". "E scì, ma cu le paghe bloccade je fa com'el cazzo a le vecchie". Questo tanto per essere chiari.
Da dove venga l'espressione è questione controversa. Nonostante l'apparenza, c'è chi ha sostenuto che per "cazzo" non si debba intendere o non si dovesse intendere all'inizio il banalissimo organo sessuale maschile, e che non sia l'ambito sessuale quello alla base del modo di dire. In particolare, il Miroklose (Brastislav Pulisan Miroklose, luminare moravo di fine '800; cacciato dagli atenei imperiali e caduto in povertà per le sue posizioni anti-austriache, dovette vendere il proprio secondo nome - che era in origine Brüno - a un'azienda di detersivi in polvere) è stato il capofila degli "antipenisti", ossia di coloro i quali si sono rifiutati di assecondare l'origine sessuale della locuzione. Nel suo fondamentale Storia dei popoli minori e di quelli di cui anche a me frega il giusto (Pressburg 1882), Miroklose riporta le dicerie avvinazzate di alcuni abitanti della parte nordoccidentale del comune di Arcevia e ne deduce che in tempi successivi alla battaglia del Sentinum (295 a.C.) vi sia stato da qualche parte tra le odierne Ripalta e San Ginesio un episodio di resistenza dell'elemento gallico ai romani trionfanti. Un manipolo di Senoni si sarebbe infatti asserragliato in un villaggio sito in posizione dominante, rifiutando la resa alle legioni; tuttavia, già dopo qualche settimana di assedio si sarebbe posto il problema delle scarse vettovaglie.
A questo punto, come a Numanzia in seguito (anche in quel caso di fronte all'imperialismo romano), i Celti dovettero dibattere sulla possibilità o meno di continuare la lotta. Qualcuno dei vecchi, così almeno riferivano i racconti tradizionali arceviesi, avrebbe proposto la resa, essendo ormai impossibile la vittoria; ma un giovane guerriero, Tautoviste (o Guido, a seconda delle versioni), volle in quella circostanza dire la propria, e proclamò che bisognava invece resistere, perché non c'era da aspettarsi clemenza e lealtà dai romani. Per quanto riguardava il cibo, continuò Tautoviste (o Guido), non c'era che da razionarlo, riservandolo tutto ai guerrieri; non era il caso, infatti, che si sprecasse formaggio e carne salata per le donne e i bambini, né che si scialacquassero le scorte di farina distribuendole anche alle anziane vedove.
Proprio qui entra in gioco l'interpretazione rivoluzionaria del Miroklose, il quale ritiene che il cazzo da dare alle vecchie sia in realtà da leggere in senso metaforico, sia che si voglia intendere con l'organo sessuale un generico datore di vita, sia che lo si identifichi con le proteine che, come abbastanza noto, esso produce in una certa quantità, e dunque con del cibo di elevato valore nutritivo. A suo modo di vedere, Tautoviste (o Guido) avrebbe gridato semplicemente che non si doveva dare sostentamento alle inutili vecchie; questa parola d'ordine si sarebbe poi mutata nei secoli, per progressiva prossimità semantica o a causa della nota rozzezza dei campagnoli, in un invito a rendersi conto dell'assurdità del donare il pene alle anziane.
Una lettura simile ma molto meno metaforica la presenta invece una recente ricerca tedesca, realizzata dall'Università di Jena (vedi G. NICHTSOMAGER-H. ALLESFRESSER, E allora mangia la merda: i cibi degli umili dall'antichità alla Rivoluzione Industriale, Jena-Lucrezia di Cartoceto 2006) grazie a finanziamenti trovati per terra, evidentemente lasciati lì da qualche cittadino distratto ma benefattore. Secondo i due professori tedeschi, che hanno esaminato ricette, testimonianze e rutti aromatizzati provenienti da tutta Europa, esisteva nella cultura etrusca ed è probabilmente passata ai Galli Senoni per il tramite dei commerci appenninici o dell'alleanza antiromana un'energetica torta al miele e alle castagne, chiamata ch'atso o q'atso nel linguaggio misterioso di quegli antichi abitanti dell'Italia tirrenica. Questa potentissima delizia, vera bomba calorica di difficile paragone con altri cibi dell'epoca, fu adottata con entusiasmo dai Senoni e messa a disposizione in primis dei guerrieri, i quali avevano ovviamente maggior bisogno di energie da destinare alla scontro e al mantenimento delle forze nelle marce e negli assedi. Dare il q'atso alle vecchie, perciò, voleva dire far qualcosa di non soltanto inaudito e quasi sacrilego, ma anche di perfettamente inutile, giacché le vecchie non avrebbero avuto alcun bisogno di tutta quell'energia e quella forza, che andava invece indirizzata in altre direzioni. Dall'ambito militare e proprio la formula si allargò rapidamente a quello vasto e metaforico, fino a diventare uno dei modi di dire più tipici dell'area pedemontana dell'anconetano.
Infine, accanto a queste ipotesi caratterizzate da estrema pignoleria e da un'indagine spinta nei dettagli, sta il racconto quasi fantastorico suggerito da Remo Scortichini, produttore di barbabietole nell'area della Vallesina e studioso autodidatta, noto per il saggio L'elmo del guerriero di Capestrano e i cappelletti. Evidenze storiche nella pasta fresca marchigiana, Roma-Bari-Scisciano 1955. Costui, nel suo comunque godibilissimo Motivi morali e storici del maschilismo, o dei danni delle donne, Monteroberto 1964, afferma che in un certo periodo del IV secolo a.C. l'assenza dei capi e di molti guerrieri - impegnati in razzie o come mercenari per Siracusa - abbia lasciato i villaggi gallici della valle del Misa in preda a una crisi di potere, che sarebbe poi stata colmata da un ritorno al matriarcato: in questa fase le donne anziane, detentrici dell'autorità per via della propria esperienza e competenza magica e sacrale, avrebbero costretto le più giovani a cedere mariti e compagni, costretti perciò ad accoppiarsi solo con le più mature. Da questa decisione sarebbe poi ovviamente discesa una pericolosa crisi demografica, nonché un grave scontro tra donne giovani e anziane che avrebbe infine portato al rovesciamento del regime. In seguito quel periodo di follia sarebbe stato ricordato solo indirettamente e per richiami nascosti; uno di questi sarebbe appunto l'evocazione di quando si dava il cazzo alle vecchie quale momento infausto e dannoso per la società Senone. Le prove portate da Scortichini non sembrano tuttavia convincenti; ma, di certo, la diffusione del modo di dire e la sua vitalità fino al giorno d'oggi fanno pensare che, chissà come e quando, vi sia stato da qualche parte tra l'Adriatico e gli Appennini un evento davvero grave e traumatico, tale da non perdersi nell'inconscio a distanza di millenni.

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